martedì 6 ottobre 2009
Polito, ti ricordi cosa vuol dire essere giornalista?
"Non son degno di teeeee, non ti merito piùùùù, ma al mondo no, non esiste nessuno che non ha sbagliato una volta".
Cantava così, nel lontano 1965, Gianni Morandi. Ed è questo ritornello che mi è tornato in mente qualche giorno fa.
Mi trovavo in via Delle Botteghe Oscure, numero civico 6. Per chi non lo sapesse, è la nuova sede de Il Riformista. Erano le 18 e quella era la mia ultima tappa del giro delle redazioni di quotidiani romani di quel giorno. Alcuni di voi sapranno che mi sono trasferita a Roma a cercare di lavorare come giornalista.
Bene, bando alle questioni personali, ora arrivo al punto.
Ero lì alla reception del quotidiano diretto da Antonio Polito. Come al solito mi è stato detto di lasciare il mio CV che poi qualcuno avrebbe provveduto a portarlo in direzione.
Come al solito io ho chiesto di poter parlare di persona con un responsabile, perché sapevo che il mio CV non sarebbe stato visto da nessuno e, come al solito, mi è stata negata questa possibilità.
Allora mi sono accontentata di firmare l'autorizzazione al trattamento dei dati e proprio mentre stavo scrivendo la B di bed, compare dalla porta, prima la pipa, poi il nasone e infine tutto il supermega direttore Antonio Polito in persona, baffetto compreso. Sgrano gli occhi, dopo averlo riconosciuto, "Che culo! -ho pensato- finalmente un po' di fortuna".
Gli sorrido, e con un tono divertito, ma convinto gli chiedo: "direttore posso consegnarlo direttamente a lei il mio CV?".
In tutta risposta, il supermega direttore Antonio Polito in persona, pipa, nasone e baffi compresi, mi guarda... e se ne va.
In un'altra circostanza ci avrei riso su, ma quel giorno non avevo tanto da ridere. Prima di arrivare al Riformista sono passata al Messaggero, al Tempo, al CorSera, all'Unità, al Manifesto. Nei migliori dei casi, non sono riuscita ad andare oltre il gabbiotto delle guardie, che con un sorriso ironico e beffardo mi dicevano che non potevo incontrare nessuno, e che avrebbero portato loro il mio CV all'ufficio personale.
All'Unità e al Manifesto invece mi hanno ricevuto. Il primo per dirmi che da maggio hanno dichiarato lo stato di crisi finanziaria, che sono in cassa integrazione tutti e che lavorano a turno. Il secondo per dirmi che non navigano in acque migliori.
Quando ho visto Polito uscire dalla porta della redazione ho pensato che finalmente forse la fortuna stava girando dalla mia parte.
Mi sbagliavo.
Il direttore deve aver dimenticato che cosa significa farsi largo nelle redazioni. Credo abbia anche dimenticato che cosa significa andare a bussare a tutte le porte per presentare il proprio curriculum chiedendo di essere ricevuti e valutati nelle proprie capacità. Forse non sa che se non si hanno santi in paradiso nessuno legge i pezzi che hai scritto o valuta se sei bravo o no.
Forse una volta che dirigi un giornale, o che ricopri una posizione di riguardo all'interno di esso, non ti interessa più la fatica per esserci arrivato e tanto meno, ti interessa essere solidale con chi, oggi, percorre i tuoi stessi passi.
"Non son degno di teeeeeee, non ti merito piùùùùù, ma al mondo no, non esiste nessuno che non ha sbagliato una volta".
Grazie direttore.
bed
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